Se la rosa dei venti si dischiude a Ponente Il cielo scende come uccello da rapina. Se da Est sopravanza del Maestrale l'affondo E' con soffio d'Averno Che alza il rogo del tramonto, La sciroccale spira che da Sud verrà Sa di serraglio, frutta sfatta ed oppio, Ma il nostro inverno spesse volte ha per noi Di sole e ghiaccio un caleidoscopio. Avrai luttuose vie di pioggia Lanciate lungo quei declivi Per gli scoscesi acciottolati In mille intorbiditi rivi E a sbrindellarsi sui crinali Il vento spingerà i fumosi Brani di nebbia come bende Su erose membra di lebbrosi. Ma giungerà la tramontana Nell'esorcismo della sera Quando il suo canto il cielo spiana Di limpidissima bufera, Quando fin nelle insenature Il vento lacera la vela E quando strappa alla campana Per Dei negletti una preghiera. Come Ianus a cavallo di quest'aspra dorsale Che va a cozzo al costato Dell'alpeggio occidentale Qui la gente ha due sguardi egualmente lontani Dagli afrori spiaggiati e dai miasmi padani. Ma quel retaggio d'indocilità vorrei Non fosse prono a pavida apatia, E con la malta d'una nuova idea potrei Farne fortezza: Alta Via, casa mia. Vorrei sapere come e quando Si è consumato questo dolo E soprattutto la scadenza Di quel vestito preso a nolo, Quel detestabile costume In forma di arrendevolezza Che a chi decreta l'estinzione Non sa che opporre la carezza. Ma il mio santuario è questo monte Casa del fulmine e del tuono Scala da cui ogni tempesta Discende lungo vie di ozono, Vi brucerò ancora le mie rune Ad ogni porta solstiziale E sarà ancora il mio costume Livida tinta temporale. Caro amico, Mi è dolce camminare al tuo fianco, Ora è bene rientrare: Il tempo si va guastando...