Giunsi sì sulla più alta cima, tra arcane nubi e incontaminati cieli. Guardai dalla Torre di Babele e vidi regni d'oro e imperi d'avorio, Re di pietra su eterni troni dello spirito, immortali faraoni con occhi d'abisso. Allungai allora una mano per cogliere, inglobare in me il divino infinito. Cercai sì di chiudere nel palmo Il Tutto, possederlo, per diventar io stesso Dio. Per questo solo ero giunto fin lì. Per questo solo ho dimenticato gli uomini. Ma ecco che caddi, precipitando lesto, tornando alle rovine dalle quali ero scappato, Credetti sì di essere solo un uomo. Solo un uomo: debole carne. Ma ora comprendo: ho eretto la torre per guardar dentro di me. La torre è il Dio, che non mi vuole svelare l'arcano di questo infinito Che già, lo sento, mi appartiene. Dio è silenzio! Ma ora conosco la Via: più alto della Torre volerò, E con un soffio questa crollerà, al battito d'ali di spirito. Sulle sue rovine nasceranno templi, culti e pianti, Allora io riderò perché del mondo degli uomini parte più non sarò. Dio è silenzio!